Il 26 febbraio 2018 sul Blog Ufficiale di Google è stato pubblicato un post con un importante aggiornamento in merito al Rapporto sulla trasparenza per il Diritto all’Oblio.
Ma partiamo dall’inizio. ll 13 maggio 2014 la Corte di giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata sul caso Google Spain contro Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) per il caso relativo ad un cittadino spagnolo, Mario Costeja González, che chiedeva che da Google fossero rimosse delle informazioni personali che riguardavano il suo passato.
Con una storica sentenza (C-131/12, 13 maggio 2014) la Corte di giustizia UE ha condannato Google Inc. a cancellare le risorse relative al caso González e di fatto ha istituito il “Diritto all’Oblio”, ovvero la diritto da parte dei cittadini Europei a poter richiedere ai motori di ricerca la rimozione di informazioni inerenti la propria persona (secondo regole specifiche).
Per garantire la trasparenza di questo processo dal 2014 Google ha introdotto il Rapporto sulla trasparenza, un documento online contenente le richieste di cancellazione dei dati riferite al Diritto all’Oblio. In questo documento online sono presenti il n° di richieste, il n° di url inviati per la cancellazione, il numero di risorse cancellate o non cancellate e in modo anonimo alcuni esempi di casi reali.
A partire dal 2016 la procedura di analisi dei casi relativi al Diritto all’Oblio è stata arricchita da Google con una serie di informazioni aggiuntive fornite dai revisori che manualmente hanno analizzato i singoli casi. Le informazioni riguardano i Richiedenti (Privati o Aziende/Enti), i Contenuti delle richieste di rimozione (informazioni personali, professionali, crimini, etc..), la Tipologia di siti ospitanti le informazioni (siti di news, directories, social media, etc..), e il tasso di eliminazione.
Tutte queste informazioni sono state raccolte in un documento intitolato Three Years of the Right to be Forgotten che fornisce un’analisi completa dei modi in cui gli europei utilizzano il “diritto all’oblio”.
Analisi del Diritto all’Oblio in Italia
Grazie al Report sulla Trasparenza è possibile fare un’analisi più dettagliata relativa al comportamento degli Italiani in merito alle richieste di rimozione effettuate sulla base del Diritto all’Oblio.
Dal 25 maggio 2014 al 25 febbraio 2018 in Italia sono state 52.449 richieste di rimozione per un totale di 197.071 url (3,75 url per richiesta di media).
Il 64,7% di url non è stata rimossa contro una media Europea del 56,2%. Ad effettuare le richieste di rimozione sono stati per 86,8% cittadini privati e per il restante 13,4% Enti od Istituzioni.
Per il 46,0% le informazioni da rimuovere erano contenute su siti definiti come Vari (generici) contro un 32,6% sui Siti di Notizie, un 12% sulle Directory ed un 7,3% su Social Media.
Le richieste di rimozione toccano 10 diverse categorie. Nella tabella seguente sono riportate la varie categorie di rimozione incrociate con le diverse tipologie di siti dove compaiono.
La top 3 vede:
- Informazioni professionali su siti di Pubblica Amministrazione: 43% (Nei contenuti della pagina sono presenti l’indirizzo personale, l’indirizzo di residenza o altre informazioni di contatto della persona richiedente, immagini e/o video della persona o altri tipi di informazioni personali non sensibili);
- Informazioni insufficienti su siti vari: 36% – (I contenuti della pagina non sono stati classificati perché Google aveva bisogno di maggiori informazioni per poter elaborare la richiesta. Ad esempio, la persona richiedente ha fornito un URL incompleto o non ha indicato il motivo della richiesta di rimozione dell’URL);
- Illeciti professionali su siti di News: 32% (I contenuti della pagina fanno riferimento ad attività criminali o sentenze dei tribunali (reati, assoluzioni o proscioglimenti) che riguardano nello specifico un ruolo professionale).
Infine il report analizza la frequenza di rimozione degli url in base alla tipologia del sito.
Ed in base alla categoria di contenuto.
Per un italiano è più probabile rimuovere informazioni da Directory (63%) e Social Media (53%) per dati che riguardano Informazioni Personali (98%) e Dati Personali Sensibili (89%).
Infine l’ultimo grafico del report mostra i primi 10 siti web da cui sono stati rimossi più url.
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